Last Updated on 3 Gennaio 2025 by automiamo.com
L’inflazione è la tassa che più colpisce chi risparmia.
I nostri risparmi saranno colpiti per circa il 5% in termini di riduzione del potere di acquisto su base annuale.
Questa percentuale di riferimento, più precisamente il 5.4%, è una media mondiale di lungo termine di inflazione calcolata dal 1980.
Non risulta quindi conveniente lasciare i nostri soldi in depositi infruttiferi, e l’inflazione è una ragione concreta per investire i nostri soldi.
Un primo ingresso nel mondo degli investimenti, senza troppi pensieri, potrebbe essere pertanto orientato alle obbligazioni indicizzate all’inflazione, ma con la dovuta attenzione come ho illustrato, per esempio, in questo mio post dedicato al mercato europeo.
Il trading all’altro estremo, speculativo e altamente rischioso. Il rischio è legato a doppio filo all’esperienza e alla nostra consapevolezza di quello che stiamo facendo, grazie anche al backtest.
Il trading non è un bancomat o un modo veloce per fare soldi.
Quale potrebbe essere quindi il giusto compromesso per investire sui mercati finanziari, battere l’inflazione, e senza troppi sbattimenti per chi non se la sente o non ha tempo di fare trading?
Investimento sugli indici azionari
Ci proteggiamo dall’inflazione se compriamo un paniere di azioni di società legate ad un indice.
Perchè mi proteggo dall’inflazione comprando azioni?
Per stimolare l’economia, le banche centrali stampano più denaro. La maggiore massa monetaria si riversa nell’economia e nel mercato azionario. I prezzi delle azioni tendono solitamente a salire.
Le aziende guadagnano di più dall’aumento generalizzato dei prezzi e consumi (inflazione) e di conseguenza i prezzi delle azioni in borsa saliranno.
In questo modo, comprando azioni, ci proteggeremo veramente dall’inflazione.
Il mercato azionario, però, non è un lido tranquillo su cui investire, per la volatilità, l’irrazionalità dei mercati, gli eventi geopolitici e i cigni neri.
DI seguito alcuni importanti aspetti che bisogna tenere molto in considerazione prima di fare le proprie scelte di lungo termine in questo tipo di investimenti.
Il peso dei settori finanziario e tecnologico
I settori tecnologico e bancario si prendono una bella fetta della torta nella maggior parte dei più popolari indici azionari.
Quale sarebbe il problema nell’esporsi troppo al settore finanziario e bancario, per il lungo termine?
Se le cose vanno male e l’economia rallenta, le banche sono le prime ad essere colpite, anche con volatilità piuttosto marcate.
Quindi è importante investire in indici che non siano fortemente esposti su singoli settori fortemente influenzati dall’andamento dell’economia.
Di seguito una panoramica sulle esposizioni di alcuni dei più importanti indici azionari mondiali.
FTSE (UK) Finanziario 42% Tech 4%. Totale quasi 50%!!! Indice pesantemente esposto su Finanziario
Hang Seng Index (Cina) Finanziario 36% Tech 27%. Totale oltre 60%!!!
ASX200 (Australia) Finanziario 31% Tech 5%. Totale 36%
BOVESPA (Brasile) Finanziario 23% Tech marginale
S&P500 (USA) Finanziario 13% Tech 26%. Totale 39%. Finanziario non trascurabile ma pesa molto il settore tecnologico.
DAX (Germania) Finanziario 13% Tech 14%. Totale 27%. Equilibrato
Conclusioni
Non investire in indici fortemente esposti sul settore finanziario, che è il più sensibile quando le cose vanno male.
Non investire in paesi con una economia fortemente legata a stimoli prolungati da parte delle banche centrali (tassi a zero). I tassi di interesse devono mantenersi al di sopra dello zero.
Il debito non deve essere troppo elevato.
Tasso di disoccupazione moderato sotto il 5%.
Rating da BA/BB (Non-investment grade speculative) in su. Sul rating però occorre non farci troppo affidamento, dal momento che vengono assegnati livelli di rating troppo alti a paesi fortemente indebitati (esempio Stati Uniti che hanno un livello di debito del 129% – dati del 2022 – rispetto al PIL)
Investire in economie con un business model semplice e comprensibile
Un esempio può essere l’Australia: ha risorse energetiche e agricole che esporta soprattutto verso il mercato asiatico (settore Basic Materials).
Giancarlo Pagliaroli
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Dopo il calo di Petrobras nella giornata di oggi per le presunte interferenze del governo brasiliano nella distribuzione dei dividendi, valuterò settimana prossima l’eventuale vendita a mercato della mia quota ETF Brasile pensata per il lungo termine ma non più attrattiva se in presenza di interferenze della politica statale.
11 marzo 2024 ho venduto tutta la mia quota dell’ETF del Brasile, risparmiandomi un ulteriore calo del 25% nei mesi successivi.