Last Updated on 7 Novembre 2024 by automiamo.com
Introduzione
In sintesi, il mercato del forex e dei cambi valutari, solitamente, è condizionato dai seguenti macro fattori.
Differenza di inflazione
Una inflazione minore determina un maggiore potere di acquisto. La valuta di quel paese si rafforza, rispetto alla valuta dell’altro paese.
Differenziale dei tassi di interesse imposti dalle banche centrali
Un rendimento maggiore tende ad attirare i capitali esteri. La domanda aumenta e la valuta si rafforza.
Scenari forex
La banca centrale annuncia un aumento dei tassi di interesse previsto dagli analisti. L’apprezzamento della valuta di quel paese probabilmente è stato già scontato dal mercato.
La banca centrale non conferma le attese degli analisti. La valuta può deprezzarsi bruscamente. Questo scenario ha colpito la sterlina inglese, quando la banca centrale d’Inghilterra ha lasciato invariati i tassi nell’Ottobre 2021.
La FED, banca centrale degli Stati Uniti, effettua un taglio dei tassi di interesse. Il credito viene favorito e può aumentare l’offerta di moneta circolante e il dollaro tende a svalutarsi.
Il cambio EUR/USD può risentirne al rialzo con conseguente rischio cambio, nel breve e medio termine. Se si tengono titoli americani, in caso di vendita, si fa meno profitto se l’euro si rafforza.
Però, la componente valutaria nel lungo periodo è molto meno influente per via della ciclicità del forex.
Occupazione
Se l’occupazione è più alta del previsto, è più probabile un aumento del tasso di interesse, per “raffreddare” l’economia.
Importante è monitorare soprattutto le aspettative future sui tassi di interesse, rispetto ai dati attuali
Debito pubblico
Più aumenta il debito più il paese diventa meno attraente agli investitori esteri. La domanda della valuta scende.
Se il livello del debito è alto rispetto al prodotto interno lordo, la banca centrale potrebbe mantenere i tassi bassi. Inoltre, potrebbe continuare l’acquisto di bond governativi per evitare crolli azionari ed insolvenze.
Scenari forex europei
Un regime di inasprimento monetario, e aumento dei tassi di interesse, può favorire l’impennata degli spread nei paesi dell’ eurozona. In particolare, lo spread BTP-BUND, calcolato come differenza dei rendimenti delle obbligazioni decennali tra Italia e Germania.
L’ aumento dei tassi di interesse mette pressione sul debito. Soprattutto nei paesi più deboli, nel timore di possibili insolvenze, causando un sell-off sull’obbligazionario italiano, per esempio.
Un eccesso dello spread può indurre la banca centrale a interrompere la politica di inasprimento. Il tasso di interesse può essere calmierato, favorendo l’indebolimento dell’euro.
Scenari forex emergenti
Il dollaro si rafforza e i mercati emergenti di solito soffrono. I paesi emergenti hanno debiti in dollari. Hanno bisogno di più valuta locale per pagare gli interessi sul debito.
Il dollaro si indebolisce e gli investitori stranieri potrebbero essere incentivati nell’acquisto di debito statunitense (treasury bond).
I paesi tendono a mantenere la propria valuta debole per favorire l’export. Questo fattore potrebbe determinare un aumento dei prezzi delle materie prime importate.
Le materie prime sono acquistate in dollari. Le aziende potrebbero rivedere al ribasso i margini di guadagno, in caso di accelerazione dell’inflazione globale.
In sintesi, è importante mantenere un certo equilibrio sui cambi valutari, per mantenere una costante crescita economica.
La continua ricerca di questo equilibrio si riflette in un forex storicamente piuttosto ciclico.
Il dollaro americano, la sua forza è la sua debolezza
Nel paragrafo precedente è stato detto che un dollaro americano in indebolimento tende ad attrarre gli investitori istituzionali esteri a comprare più debito USA (obbligazioni treasury). L’export nel paese locale (Stati Uniti) viene favorito con un dollaro debole e aumenta la massa monetaria dai paesi esteri che fluisce nel comparto obbligazionario statunitense che ha il principale scopo di alimentare gli investimenti e la crescita interna del paese.
Quando invece siamo in un periodo di dollaro americano in rafforzamento, i paesi esteri tendono a comprare meno treasury, che diventano meno attraenti con un dollaro più forte.
A volte i paesi esteri tendono a vendere una quota dei treasury in dotazione per rafforzare la propria valuta locale.
Un esempio il Giappone a piazzarsi insieme alla Cina tra i primi creditori esteri di debito USA. Il Giappone in particolare detiene oltre 1000 miliardi di dollari in debito USA che ultimamente in piccola parte ha rivenduto per stimolare il rafforzamento dello Yen giapponese, in caduta libera da inizio 2021 nei confronti del dollaro americano.
Un dollaro forte ovviamente ostacola l’export degli Stati Uniti. I prodotti americani diventano meno attraenti per i paesi esteri e le aziende americane produttrici possono andare in sofferenza di utili.
Se a questo aggiungiamo il rischio di una eventuale crisi di liquidità nel comparto obbligazionario statunitense (i paesi esteri tendono a comprare meno treasury con un dollaro forte), potrebbero esserci le condizioni di un eventuale intervento della banca centrale americana (FED).
La FED quindi in ultima istanza comprerà obbligazioni USA tramite politiche di quantitative easing (QE) per alimentare l’economia interna. Interromperà inoltre eventuali politiche monetarie restrittive come l’aumento dei tassi di interesse per ridurre il livello di inflazione.
Come sempre, la difficoltà è mantenere il giusto equilibrio. Non è affatto la mossa migliore andare a stimolare l’economia tramite QE e interrompere l’aumento dei tassi di interesse in una situazione di crescita inflazionistica ancora sostenuta.
Non una sola banca centrale, ma più banche centrali possono intervenire in modo coordinato e straordinario sul mercato dei cambi per contrastare il persistente apprezzamento del dollaro americano. Un esempio è l’accordo del Plaza del 1985 dopo la crisi di stagflazione degli anni 70 che aveva portato il dollaro a rafforzarsi e su cui la FED intervenne con un rialzo altrettanto sostenuto dei tassi di interesse.
Come un ciclo che si ripete, all’indebolimento pianificato del dollaro seguì l’apprezzamento di altre valute locali come lo yen giapponese, spinte recessive nel paese e successive politiche accomodanti ed espansive che causarono la bolla speculativa giapponese di fine anni 80 e il successivo decennio deflazionistico.
Giancarlo Pagliaroli
In questi giorni di flash crash dei mercati si parla di carry trade sullo yen giapponese, una sorta di arbitraggio che prevede di prendere in prestito una valuta a tassi bassi (yen) reinvestendo su valute, bond e azioni in altri paesi che offrono rendimenti maggiori. Il “gioco” funziona finquando i tassi imposti dalla banca centrale giapponese (BoJ) rimangono molto bassi e lo yen continua a svalutarsi. Se la BoJ dovesse alzare concretamente i tassi allora non ci sarebbe più guadagno dal carry trade che rappresenta una fetta importante degli investimenti nei mercati occidentali. Inoltre se lo yen dovesse rafforzarsi, i grandi investitori da carry trade saranno costretti a ripagare il debito in yen pagando di più con la propria valuta (rischio cambio).
Bank of Japan (BoJ) ha mantenuto stabile il costo del denaro a -0.1% (nonostante il tasso di inflazione core al 3.6% sopra il livello di guardia del 2% da mesi, ma ha ampliato la banda di controllo sull’oscillazione del bond governativo a 10 anni dallo 0.25% allo 0.50%. Questo potrebbe favorire un graduale aumento del tasso di interesse di lungo termine e far rientrare i capitali dall’estero (finora il Giappone è stato uno dei più grandi esportatori di capitali, principale compratore di bond statunitensi in dollari). Questo primo cenno di possibile inversione della politica monetaria accomodante giapponese si è tradotto in un apprezzamento giornaliero dello yen giapponese di oltre il 3% nei confronti del dollaro. Attendere il nuovo mandato del governatore della BoJ previsto nel 2023 per avere le idee più chiare sulla possibile inversione rialzista dello yen nel medio-lungo termine.